Il Grand Hotel des Thérmes a Salsomaggiore Terme
L’edificio fu progettato dall’architetto Broggi nel 1898 ed inaugurato nel 1901 su mandato della Società Magnaghi e C., che ebbe nella costruzione di uno dei primi stabilimenti termali e nell’albergo di alta classe, un’acuta intuizione e lungimiranza. Un albergo di lusso, dotato di ogni comfort, destinato ad una clientela internazionale, grazie alla gestione di Cesare Ritz, che ben conosceva i gusti raffinati dei suoi ospiti.
La sua storia inizia nei primi anni del XX secolo e subisce le sorti della grande storia, passando tra le mani di diversi gestori e attraverso i cambiamenti occorsi nel grande secolo, i conflitti mondiali e le rivoluzioni socio culturali, che ebbero conseguenze significative sul suo destino.
L’edificio è ancora oggi un edificio maestoso, che accoglie i visitatori, attualmente di proprietà del Comune di Salsomaggiore Terme, è stato negli anni un punto di riferimento di eccellenza alberghiera. Oggi è sede congressuale, ospita una parte degli uffici comunali ed è sede della rinomata scuola alberghiera.
La facciata in mattoni è scandita da fasce marcapiano dove si riconoscono ancora le decorazioni di Gottardo Valentini, l’artista che le dipinse e si occupò anche dei fregi interni. Le decorazioni esterne sembrano ceramiche dipinte, i soggetti sono principalmente floreali, si tratta di girasoli, garofani, racemi e fogliame intrecciato, in altre si intuiscono le forme del pavone. Degna di nota la pensilina, che ripara l’ingresso, di Mazzuccotelli, il maestro del ferro battuto di Sant’Angelo Lodigiano, che fece scuola a suo tempo. La sua presenza a Salsomaggiore è un ulteriore elemento del legame esistente fra Milano e la cittadina termale, di Mazzuccotelli sono gli ornati in ferro battuto negli edifici Liberty di Porta Venezia, così come i lampioni di piazza Duomo, piuttosto che le lanterne della Stazione Centrale di Milano. La clientela di Salsomaggiore spesso proveniva dal capoluogo lombardo, perché era considerata luogo di svago e vacanza facilmente raggiungibile.
La pianta dell’edificio a C permetteva una buona illuminazione alle trecento stanze presenti, che possedevano tutti i comfort dell’epoca: riscaldamento a vapore ed illuminazione elettrica, i camerini per le cure termali ad ogni piano, ascensore Stiegler, un menù pensato dal grande cuoco Escouffier , sale riccamente decorate, collocato tra le belle colline di Parma.
A causa della prima guerra mondiale il flusso di ospiti internazionali venne meno, ci fu però un’interessante ripresa negli anni 20 del Novecento.
L’Oriente sognato di Chini
Nel giugno del 1926 un grande spettacolo in onore del maestro Puccini, ispirato alla Turandot, fu l’avvenimento mondano ed inaugurale dei nuovi ambienti dell’allora Grand hotel des Thérmes, oggi Palazzo Congressi, uno delle meraviglie artistiche e architettoniche della città termale di Salsomaggiore Terme.
L’albergo fu oggetto di un’importante ristrutturazione e riallestimento, tra il 1924 e il 1926. L’ampliamento della struttura esistente, con nuovi saloni e spazi moderni, erano destinati ad attrarre una clientela facoltosa, la stessa che già anni addietro aveva frequentato Salsomaggiore e aveva goduto dei bagni salsoiodici, delle vacanze nella bella cittadina termale, e che a causa del primo conflitto mondiale non era più arrivata nelle stanze dell’hotel.
L’albergo era stato ceduto alla S.A.G.A.S., la società anonima dei grandi alberghi di Salsomaggiore ed il consigliere di amministrazione Riccardo Ferrario, assunse la direzione dei lavori, l’impresa Fonio lavorò su progetto dell’architetto Ugo Giusti e del decoratore Galileo Chini, occupandosi dell’ampliamento della struttura con il salone Moresco, la Taverna Rossa, il loggiato e il riallestimento decorativo della Sala delle Cariatidi.
La sala delle Cariatidi era una sala da pranzo, così chiamata per la presenza delle sculture presenti – maschili e femminili, che alla base del soffitto, sembrano sostenerlo. Prima di Chini le decorazioni presenti erano di Gottardo Valentini, di cui sono rimaste piccole porzioni in alcuni spazi nascosti della sala, mettendo in evidenza il divario fra i due artisti appartenenti a distanza di pochi decenni stili artistici differenti sia per la personalità degli autori, sia per i cambiamenti e le influenze socio culturali occorse nel breve periodo. I colori di Chini prendono il sopravvento sulle tinte pastello di Valentini, i delicati intrecci floreali, molto semplici, coperti dalle scene ora mitologiche ora moderne.
Galileo Chini interviene sulla volta del soffitto, prendendo spunto dalle decorazioni che aveva realizzato sulla volta della sala del trono del re siamese per cui aveva lavorato a Bangkok.
La suggestione scenografica è quella del Salone Moresco di Salsomaggiore Terme (PR), nel Grand Hotel des Thérmes, le cui decorazioni sono ad opera di Galileo Chini, artista che lavorò nella città termale, lasciando un’impronta indelebile di sé negli edifici di maggiore importanza. Tra tutte le opere di Chini, la scelta è ricaduta su questa perché nel 1926 si è svolto un gran ballo, mettendo in scena alcune coreografie tratte dalla Turandot, in onore del maestro Puccini. Il Salone Moresco fu in seguito scenografia di film importanti come “L’Ultimo imperatore” di Bertolucci, proprio per la sua connotazione fortemente orientale.
Le maestranze chiamate ad operare furono in gran parte quello dello Stabilimento termale “L. Berzieri”, in questi ambienti lavorarono con lo stucco per realizzare le finte boiserie, e le fasce decorative, Spicciani l’ebanista di Lucca, i vetri artistici delle Fornaci di San Lorenzo, della famiglia Chini, i ferri battuti di Antonio Veronesi.
Il “paradiso terrestre”: boccioli di ciliegio, una giovane fanciulla indossa un rosario orientale, pavoni bianchi si stagliano su grandi nuvoloni scuri, e poi ancora cascate traboccanti di fiori.
Nell’immagine sottostante la parete opposta mostra le decorazioni, anche in questo i soggetti sono naturali, un salice piangente, cipressi e ibis rossastri.
Queste mirabili immagini mostrano la ricchezza di particolari progettati e realizzati da Galileo Chini e dai suoi collaboratori, un repertorio decorativo vasto e l’impiego di diversi materiali.
Taverna rossa, il luogo delle serate in albergo, dei giochi, degli affari, delle feste: un tripudio di colori, una festa per gli occhi. Il rosso è il colore che esprime forza ed energia, in Oriente è benaugurante. I soggetti alle pareti sono rami di ciliegio fiorito, palloncini colorati, fiori ed uccelli, in angoli nascosti sono presenti le profondità del mare ed i suoi abitanti. “Una risata di colore” così come la definì Galileo Chini, una dedica speciale a Riccardo Ferrario, datato 1925, che ben fa comprendere il legame e la stima fra i due.
Nel secondo dopoguerra ci fu un grande impegno per riportare ai fasti l’albergo. Nel 1956 Leoni acquistò l’edificio e fece costruire la piscina, ora di proprietà comunale. Successivamente, pochi decenni dopo fu ceduto al Comune, per altre destinazioni.